Ponte Morandi

Il Ponte Morandi tra ipotesi di rifacimento e di consolidamento

Per molti il crollo del Ponte Morandi è stata una tragedia annunciata dettata da incuria e mancanza di organizzazione. Ma da una tragedia si può sempre ripartire.

Dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova, che ha causato la morte di 43 persone, sono nate spontaneamente le proposte per la ricostruzione. Sono scesi in campo archistar autorevoli come Renzo Piano, ma anche normali cittadini, che hanno avanzato idee e suggerimenti per riprogettare il ponte. Tutti con l'intento di garantire alla città di Genova la necessaria mobilità di mezzi e persone.

Oltre ai progetti che si orientano alla riprogettazione completa del Ponte, iniziano a fare capolino alcune proposte di salvaguardia della memoria storica, proponendo una azione certamente più coraggiosa e che fa riflettere: il recupero e la messa in sicurezza dell’esistente.

Il consolidamento e il restauro della parte crollata (che corrisponde al 20% dell’intera struttura) è la proposta di alcuni architetti che vedono in questa soluzione la più logica e veloce opzione per garantire ai cittadini di Genova la viabilità perduta.

Come Baschieri Costruzioni siamo impegnati da anni a mettere in sicurezza, attraverso un restauro architettonico e artistico, alcune delle strutture più fragili e più belle d’Italia. Sono le chiese del nostro paese, i campanili, i palazzi storici. Strutture che a causa di sismi, di eventi meteorologici straordinari e del naturale logoramento dei materiali originali, possono subire improvvisi cedimenti.

Tuttavia nessuno penserebbe di abbattere gli edifici storici e artistici che hanno subito dei danni, ma tutti di lavorare al superamento dei danni con un’opera di consolidamento.
Ci si chiede perché questa logica debba essere perseguita quando parliamo di beni artistici, ma non trovi mai un sostegno concreto quando ci riferiamo alle opere moderne.

Di fronte ad eventi tragici come quello avvenuto il 14 agosto a Genova l’ondata emotiva è inevitabile, ma ben vengano anche le proposte che guardano al salvataggio dell’esistente con un “approccio che scaturisce dalla più avanzata Teoria del Restauro, mirata alla conservazione rigorosa di quanto il passato ci ha tramandato e all’esercizio della creatività contemporanea non in oltraggio, ma in continuità dialettica con la storia” come ha perfettamente sintetizzato in un articolo l’architetto Luca Zevi.


Il nuovo Piano Urbanistico Generale dell'Emilia-Romagna

"L’Emilia-Romagna è la prima Regione in Italia a dotarsi di uno strumento unitario di programmazione e pianificazione urbanistica, che entro cinque anni porterà al superamento dell’attuale frammentazione basata su Psc, Prg e Rue: il nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG), infatti, integrerà e supererà gli attuali strumenti e dovrà essere adottato entro tre anni da tutti i Comuni emiliano-romagnoli. Soprattutto, abbiamo voluto introdurre un cambio di filosofia: si passa dall’urbanistica basata sul possibile consumo di suolo vergine a quella a saldo zero, con tempi certi e più brevi per avviare gli interventi. Abbiamo calcolato che entro il 2020 potranno essere avviati nuovi cantieri per un controvalore di circa 100 milioni di euro”. L’Assessore regionale Raffaele Donini (competente in materia di Programmazione territoriale, Reti infrastrutturali e Trasporti) ha presentato così le novità sulla tutela ed uso del territorio introdotte con la Legge Regionale 24/2017, in apertura del convegno tenutosi oggi presso l’auditorium della Fondazione “Marco Biagi” di Modena.

I Comuni dell’Emilia-Romagna hanno quindi tre anni di tempo per avviare la redazione dei Piani Urbanistici Generali (sostitutivi di Psc e Rue), ed ulteriori due anni per completarli, sostituendo così integralmente gli attuali strumenti urbanistici. Per realizzare tali obiettivi la nuova normativa richiede loro di dotarsi entro tempi brevi e certi di un Ufficio di piano, che coordini e sovraintenda al processo di rinnovamento.

“La nuova legge regionale segna la fine di un’esperienza consolidata, perché cambia il modo di fare pianificazione territoriale.  La vecchia legge 20/2000 infatti non era più adeguata ai tempi, essendo figlia di un’epoca in cui vigeva un modello di sviluppo fondato sul consumo di suolo: oggi invece le priorità sono il riuso e la rigenerazione” ha affermato Giovanni Pietro Santangelo (Responsabile Servizio Giuridico del territorio, disciplina dell’edilizia, sicurezza e legalità della Regione Emilia-Romagna), nel corso della sua relazione. “Questa impostazione ha comportato una significativa dispersione insediativa” ha proseguito il dott. Santangelo, “ed era pensata per governare un processo di espansione urbanistica che comunque si è arrestato. La vecchia legge, inoltre, prevedeva processi di pianificazione troppo complessi e di lunga elaborazione. L’Emilia-Romagna ha deciso di dotarsi di una nuova strategia di pianificazione urbanistica, volta ad aumentare l’attrattività e la vivibilità delle nostre città, ed a contenere il consumo di suolo introducendo il principio del consumo a saldo zero”.

(Articolo di Sassuolo2000).


Edilizia Scolastica: la Provincia di Modena si muove

La Provincia di Modena gestisce la manutenzione di 58 edifici scolastici superiori, 24 palestre, quasi 1400 aule e oltre 500 laboratori.
L'ammodernamento e la messa in sicurezza di strutture spesso datate è un lavoro difficile che richiede una capacità di azione immediata. Per questo lavoro di rimessa in sesto dell'edilizia scolastica la provincia di Modena prevede nel prossimo futuro di appaltare progetti per un totale di 10 milioni di euro.

Entro la fine del 2018 la Provincia prevede di aggiudicare appalti per lavori sull'edilizia scolastica superiore per quasi dieci milioni di euro. Tra gli interventi previsti spiccano quelli di ampliamento del polo Selmi-Corni in via Leonardo da Vinci a Modena e del polo Levi Paradisi di Vignola; i primi interventi partiranno già a giugno al Tassoni e al Guarini-Wiligelmo di Modena e al Morante di Sassuolo.

Il punto sull'edilizia scolastica superiore, materia di competenza della Provincia, insieme alla programmazione dell'istruzione sempre superiore, è stato l'argomento al centro del Consiglio provinciale che si è svolto venerdì 18 maggio. Durante l'incontro è stato presentato il piano di azione della Provincia per i prossimi due anni che prevede complessivamente investimenti per oltre 14 milioni di euro, in gran parte finanziati dal Governo, dai mutui della Banca europea degli investimenti (Bei), con oneri di ammortamento a carico dello Stato, e dalla Regione.

Nell'elenco dei cantieri che saranno aggiudicati entro l'anno, con i lavori che termineranno in gran parte entro il 2019, figurano il primo lotto della ristrutturazione e miglioramento sismico del Barozzi di Modena con un investimento di due milioni e mezzo di euro, al quale seguirà un secondo lotto dal costo analogo all'interno del quale è prevista la ristrutturazione dell'ampia aula magna per renderla disponibile anche per iniziative pubbliche; poi la ristrutturazione delle ex scuole medie Messieri di Castelfranco Emilia, a disposizione dell'istituto Spallanzani; la ristrutturazione della sede di via Belle Arti del Venturi di Modena, dell'edificio temporaneo a Mirandola, attualmente utilizzato dal Galilei a Mirandola, per metterlo a disposizione del liceo Pico, dopo l'inaugurazione del nuovo Galilei in settembre, poi un serie di interventi di miglioramento dei servizi e degli impianti al Cattaneo, al polo Guarini Wiligelmo e al Corni di largo Aldo Moro a Modena e la nuova palestra del polo Cavazzi-Sorbelli a Pavullo.

Il prossimo anno è previsto anche l'ampliamento del polo Fanti-Da Vinci di Carpi, intervento che avrà un costo di oltre due milioni di euro finanziati dalla Regione, insieme alla ristrutturazione di due palazzine per migliorare gli spazi ancora allo Spallanzani di Castelfranco Emilia e al Corni di largo Aldo Moro a Modena, dove è previsto un intervento sugli impianti finanziato dal ministero dell'Istruzione, insieme a lavori di ristrutturazione al Baggi di Sassuolo, al Levi di Vignola, al polo Corni-Selmi di Modena per complessivi un milione e 370 mila euro.


Edilizia convenzionata e agevolata nel nuovo Regolamento Comunale di Modena

Il nuovo Regolamento Comunale stato presentato il 17 maggio 2018 in consiglio comunale a Modena. Il provvedimento  definisce nuovi importanti criteri in un settore quanto mai delicato, in particolare con riferimento alla morosità e all'accesso alla casa.

Nuclei familiari residenti a Modena e nei comuni limitrofi sottoposti a provvedimenti esecutivi di sfratto per cause diverse dalla morosità, nuclei in affitto in città o nei comuni della provincia, con preferenza di chi occupa alloggi inadeguati, con particolare riferimento alle barriere architettoniche. E ancora famiglie in cui sono presenti persone disabili, minori, over 65, ma anche giovani e giovani coppie in cui almeno uno degli acquirenti abbia meno di 40 anni. Sono questi i criteri preferenziali che verranno seguiti in futuro per stabilire la priorità di acquisto o locazione degli alloggi di edilizia agevolata.

Il Regolamento di edilizia convenzionata e agevolata lascia però la discrezionalità al Comune di stabilire criteri diversi in relazione alla specificità dei singoli progetti. Salvo diversa indicazione della Giunta, i soggetti in possesso dei requisiti avranno diritto ad almeno il 75% degli alloggi che in ogni intervento verranno realizzati o di quelli assoggettati a vincolo di locazione (da ripristinare in caso di disdetta da parte del locatario o in caso di sfratto per morosità).

In relazione al singolo progetto, per la compravendita potrà essere definito dalla Giunta un requisito di reddito massimo, assumendo come indicatore il valore Isee del nucleo familiare, mentre per la locazione il valore Isee dovrà essere compreso tra 12.500 e 45 mila euro. I nuclei che potranno accedere all’acquisto o alla locazione di alloggi in edilizia convenzionata dovranno essere cittadini italiani, e avere residenza o sede dell’attività lavorativa nel comune di Modena, trovarsi in possesso dei requisiti di moralità sulla base delle normative relative all’antimafia e di contrasto alle organizzazioni criminali, e in condizione di impossidenza (non essere proprietario di altri immobili a uso residenziale in Italia) da un tempo che verrà definito intervento per intervento in relazione ai contributi erogati e dovrà permanere per almeno 10 anni nel caso di compravendita e di 4 anni per la locazione.


Sismabonus, l'accesso ai contributi

Due parole sul Sismabonus

Il Sismabonus prevede una detrazione delle spese sostenute per l'adozione di misure antisismiche che migliorino la classe di rischio degli immobili che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) e a quelli situati nelle zone a minor rischio (zona sismica 3).

La detrazione va calcolata su un ammontare massimo di 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno e deve essere ripartita in cinque quote annuali di pari importo, nell’anno in cui sono state sostenute le spese e in quelli successivi.

La detrazione parte dal 50% delle spese (nel caso in cui l’intervento non migliori la classe sismica) e sale quando la realizzazione degli interventi produce una riduzione del rischio sismico: gli interventi che determinano il passaggio a una classe di rischio inferiore usufruiscono della detrazione del 70%, mentre gli interventi che permettono il passaggio a due classi di rischio inferiori godono della detrazione dell’80%.

Il miglioramento antisismico va calcolato sulla base delle Linee guida per la classificazione sismica degli edifici (DM 28 febbraio 2017) che spiegano come attribuire ad un edificio una delle 8 Classe di Rischio Sismico (da A+, la meno rischiosa, ad A, B, C, D, E, F e G, la più rischiosa), mediante un unico parametro che tenga conto sia della sicurezza sia degli aspetti economici.

Le linee guida forniscono due metodologie per la valutazione, di cui una semplificata per lavori minori e il miglioramento di una sola classe di rischio, l’indirizzo di massima su come progettare interventi di riduzione del rischio per portare la costruzione ad una o più classi superiori.

Sismabonus per gli interventi condominiali

Quando gli interventi sono realizzati in edifici condominiali, le detrazioni sono:
- 75%, nel caso di passaggio a una classe di rischio inferiore;
- 85%, quando si passa a due classi di rischio inferiori.

In questo caso le detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio e vanno ripartite in 5 quote annuali di pari importo.

Gli interventi sulle parti comuni degli edifici condominiali situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, finalizzati non solo alla riduzione del rischio sismico, ma anche alla riqualificazione energetica, potranno detrarre fino all’85% delle spese sostenute in caso di passaggio a due classi di rischio inferiori.

La detrazione sarà ripartita in dieci quote annuali di pari importo e verrà calcolata su una spesa massima di 136mila euro moltiplicata per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio (si tratta della somma del tetto di 96mila euro per unità immobiliare previsto dal sismabonus “tradizionale” e di quello di 40mila euro per unità immobiliare fissato per l'ecobonus).